Il ddl 132/2014 sulla riforma della giustizia civile ha modificato il procedimento di esecuzione forzata, nello specifico le richieste che l’ufficiale giudiziario può fare, su istanza del creditore, quando non sono sufficienti i beni oggetto del pignoramento.
Cosa cambia?
Innanzitutto la riforma abroga[1]:
1. la possibilità dell’ufficiale giudiziario di rivolgersi ai gestori dell’anagrafe tributaria e alle altre banche dati pubbliche al fine di ricercare cose o crediti da sottoporre ad esecuzione, quando non individua beni utilmente pignorabili;
2. l’obbligo, quando la richiesta di ricerca riguarda più soggetti, di indicare le complete generalità di ciascuno;
3. la possibilità per l’ufficiale giudiziario di richiedere l’assistenza della forza pubblica.
È previsto invece che, su istanza del creditore procedente, il presidente del tribunale del luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede, possa autorizzare l’ufficiale giudiziario a ricercare con modalità telematiche i beni da pignorare. L’autorizzazione è subordinata alla verifica del diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata. In ogni caso, l’istanza deve contenere l’indicazione dell’indirizzo di posta elettronica ordinaria nonché di quella certificata (Pec) e, infine, il numero di fax del difensore.
Dopo di ciò, il Presidente del tribunale autorizza la ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare.
In particolare, l’ufficiale giudiziario può accedere:
1. all’anagrafe tributaria, compreso l’archivio dei rapporti finanziari;
2. al pubblico registro automobilistico (PRA);
3. alle banche dati degli enti previdenziali (Inps).
Al fine di acquisire tutte le informazioni rilevanti per l’individuazione di cose e crediti da sottoporre ad esecuzione.
Una volta effettuata l’ispezione telematica, l’ufficiale giudiziario deve redigere un unico processo verbale nel quale sintetizza quali banche dati ha interrogato e che cosa ne è emerso. Poi deve comunicare al creditore le banche dati interrogate e le informazioni che ne sono emerse tramite telefax o posta elettronica anche non certificata, dandone atto a verbale.
Il creditore entro dieci giorni dalla comunicazione deve indicare all’ufficiale giudiziario i beni da sottoporre ad esecuzione; in mancanza la richiesta di pignoramento perde efficacia.
A questo punto, però, la procedura si sdoppia.
Le cose individuate sono nella disponibilità del debitore e si trovano nel territorio di competenza dell’ufficiale giudiziario, quest’ultimo accede agli stessi per provvedere d’ufficio agli adempimenti inerenti la scelta dei beni da pignorare, la forma del pignoramento e la custodia dei beni pignorati
Qualora invece i beni si trovino in luoghi non compresi nel territorio di competenza dell’ufficiale giudiziario, quest’ultimo rilascia una copia autentica del verbale al creditore che, a sua volta, nei 15 giorni successivi, a pena d’inefficacia della richiesta, la presenta all’ufficiale giudiziario territorialmente competente.
Se l’ufficiale giudiziario non dovesse rinvenire nei luoghi indicati la cosa individuata attraverso le banche dati, magari perché prontamente occultata dal debitore, allora provvederà ad intimare al debitore di indicare, entro 15 giorni, il luogo in cui si trovano tali beni, avvertendolo che l’omessa o la falsa comunicazione è punita penalmente.
Le cose o i beni rinvenuti sono nella disponibilità di terzi
L’ufficiale giudiziario notifica d’ufficio al debitore e al terzo il verbale che dovrà anche contenere l’indicazione:
– del credito per cui si procede;
– del titolo esecutivo e del precetto;
– dell’indirizzo di PEC del difensore;
– del luogo in cui il creditore ha eletto domicilio o ha dichiarato di essere residente;
– dell’ingiunzione;
– dell’invito al debitore a dichiarare la propria residenza o a eleggere domicilio;
– dell’avvertimento al debitore che può chiedere la sostituzione dei beni o cose pignorate con una somma di denaro;
–l’intimazione al terzo di non disporre delle cose o delle somme dovute
In tal caso, il verbale è notificato al terzo per estratto, contenente esclusivamente i dati a quest’ultimo riferibili.
Qualora l’accesso alle banche dati abbia permesso di individuare più crediti del debitore o più cose, indipendentemente da chi ne abbia la disponibilità, l’ufficiale giudiziario può procedere a sottoporre ad esecuzione i beni scelti dal creditore.
Il creditore può decidere di partecipare personalmente alla ricerca in modalità telematica dei beni da pignorare. In tal caso, l’ufficiale giudiziario dovrà comunicargli con un preavviso di 3 giorni , tempistica riducibile in caso d’urgenza, la data (entro 15 giorni) e l’ora in cui effettuerà la ricerca.
La riforma introduce, infine, una nuova norma[2] in tema di chiusura anticipata dell’esecuzione forzata. In particolare, si stabilisce che il giudice può disporre della chiusura anticipata del processo esecutivo quando non è più possibile conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori, tenuto conto soprattutto dei costi necessari per la prosecuzione della procedura, delle probabilità di liquidazione del bene e del presumibile valore di realizzo.
Quali sono i limiti di tale procedura di esecuzione forzata nell’ambito del pignoramento online?
Si è in attesa che il decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’interno e con il Ministro dell’economia e delle finanze e sentito il Garante per la protezione dei dati personali individui i casi limiti e le modalità di esercizio della facoltà di accesso alle banche dati telematiche, nonché le modalità di trattamento e conservazione dei dati e le cautele a tutela della riservatezza dei debitori.
Nel mentre però sono già tre i tribunali Pavia Mantova e Napoli che hanno stabilito che il creditore può già da ora essere autorizzato ad ottenere direttamente dai gestori delle banche dati le informazioni nelle stesse contenute senza dover attendere i decreti attuativi.
In sintesi non si andrà incontro ad alcuna lesione della privacy, saranno infatti le amministrazioni a prendere in consegna la richiesta e non il creditore direttamente dal suo pc di casa, tempi duri dunque per i debitori che non avranno più nessuna ‘via di fuga’.
[1] Art. 19 c. 1 lett. d) DL 132/2014 che abroga l’art. 492 c. 7 cod. proc. civ. e modifica l’art. 492 co. 8 cod. proc. civ. ed inserisce l’art. 492 bis cod. proc. civ.; art. 19 c. 2 lett. a) DL 132/2014 che introduce gli artt. 155 ter e 155 quater disp.att. cod. proc. civ.
[2] Art. 19 c. 2 lett. b) DL 132/2014 che inserisce l’art. 164 bis disp.att. cod. proc. civ.
Autore:Erica Venditti
Fonte: Redazione Credit Village